Dott.ssa Caterina Foti
Psicologa - Psicoterapeuta
HIKIKOMORI: IL RITIRO SOCIALE DELL'ADOLESCENTE
Hikikomori è un termine giapponese che viene utilizzato per indicare il fenomeno del ritiro sociale, che colpisce prevalentemente giovani dai 14 ai 30 anni, di solito maschi, che gradualmente interrompono ogni contatto diretto col mondo esterno, fino ad autoconfinarsi nella propria stanza per mesi o anni. Questo accade perché il mondo esterno e la società, sono percepiti come una minaccia per le continue pressioni e sollecitazioni rispetto al raggiungimento del successo e della realizzazione personale, per l’eccessiva competizione che ne deriva. Questi ragazzi non riescono a gestire il carico emotivo derivante dal confronto con gli altri e la frustrazione legata a fallimenti o a difficoltà personali nella sfera affettiva, sociale, scolastica o lavorativa. La tendenza al ritiro è graduale: all’inizio si manifesta con assenze da scuola, poi con un allontanamento da amici o conoscenti, fino ad un isolamento completo che non ammette socialità diretta e intimità o vicinanza fisica ed emotiva. I ragazzi passano le loro giornate senza uscire dalla loro camera, su internet, su chat o social, giocando ai videogiochi, ascoltando musica, leggendo o guardando film. La camera rappresenta un luogo di protezione e sicurezza, in quanto controllabile e prevedibile, perciò priva di pericoli. Il mondo esterno diventa sempre più estraneo e complesso e se all’inizio il ritiro sociale nella propria camera è una scelta consapevole, alla fine non diventa altro che una prigione da cui non si può e non si riesce ad uscire. Spesso si pensa che l’Hikikomori sia una diretta conseguenza dell’internet addiction ma non è così, anzi l’uso smodato del web ne è una diretta conseguenza. Internet infatti è percepito come uno strumento che consente di interagire col mondo esterno evitando il confronto e le pressioni che ne derivano, permette di allenarsi alle relazioni, suscita un senso di accoglimento, accettazione e conforto, fa sentire adeguati, gratificati e consente di vivere esperienze diverse, seppur confinate alla realtà virtuale, senza correre rischi. La presa in carico di un ragazzo affetto da Hikikomori è estremamente complessa e delicata. Generalmente la richiesta di aiuto arriva dai genitori (nei confronti dei quali questi ragazzi alzano quasi sempre barriere comunicative) quando il disagio è in fase avanzata ed è perciò molto consolidato. Spesso questi ragazzi non vogliono essere aiutati e quando accettano di incontrare un terapeuta lo fanno senza una reale motivazione al cambiamento, solo per essere lasciati in pace dai genitori e ridurre i conflitti e le pressioni familiari. Nel percorso terapeutico quasi sempre non è il ragazzo ad andare in studio, ma è il terapeuta che si avvicina al ragazzo in punta piedi ed entra nel suo mondo, tramite videochiamata o successivamente al domicilio, per costruire quella relazione di fiducia necessaria per una successiva condivisione del proprio disagio (immagine di sé negativa, senso di inadeguatezza, inutilità e vuoto esistenziale), del proprio punto di vista sul mondo, delle proprie emozioni e dei propri vissuti. Il terapeuta deve essere paziente, affidabile e accogliente (perché si tratta di un percorso lungo e faticoso) e lasciare che all’inizio sia il ragazzo a dettare tempi e modi. Solo così potrà gradualmente assumere una funzione di guida, per aiutare il ragazzo ad adottare una prospettiva diversa, a compiere a poco a poco deviazioni dalla sua routine quotidiana e vivere piccole esperienze nuove e positive, utili a sperimentare benessere e sicurezza, ad accrescere l’autostima e il senso di autoefficacia, per reintegrarsi gradualmente nel mondo e affrontare in modo costruttivo le difficoltà della vita. La presa in carico non può prescindere dal sostegno al nucleo familiare, tramite incontri programmati anche con i genitori o fratelli/sorelle, per stimolare il confronto ed individuare strategie utili per oltrepassare le barriere e recuperare una comunicazione reciproca all’insegna della fiducia e del confronto.
Dott.ssa Caterina Foti
Psicologa, Psicoterapeuta a Carate Brianza e Desio (MB).
N. Ordine Psicologi della Lombardia 03/9153
Per informazioni: caterina.foti30@gmail.com
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